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Il rione Capo di Monte di Ancona in un libro di 500 pagine

Il rione Capo di Monte di Ancona in un libro di 500 pagine

Di Giovanni Fedecostante dopo sette anni di ricerche d'archivio

ANCONA, 19 dicembre 2024, 18:39

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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(di Federica Acqua) S'intitola 'Capo di Monte', e non Capodimonte com'è normalmente scritto, il libro di oltre 500 pagine corredato da foto che lo studioso Giovanni Fedecostante ha dedicato a questo rione di Ancona e pubblicato per Andrea Livi Editore dopo sette anni di ricerche archivistiche.
    Presentato oggi in un incontro pubblico al Museo Archeologico Nazionale delle Marche, il volume si avvale di questa dicitura non per caso. Omaggiando infatti il modo in cui il quartiere era definito nell'antichità ne vuole svelare in realtà il carattere e l'unicità come zona di accesso alla città dall'epoca romana fino al 1789 quando fu ultimata via XXIX Settembre (l'allora via Pia). Fino a quel momento, salutato da tre giorni di festeggiamenti alla presenza del suo artefice, papa Pio VI, che inaugurò il collegamento tra Porta Pia e l'attuale piazza Kennedy tra corse di cavalli, regate ed archi trionfali, si entrava ad Ancona da porta Capo di Monte cioè dalla cima della collina (nei pressi dell'attuale piazza Antonio da Sangallo) e da lì si doveva scendere con carri, merci e bagagli fino al livello del mare. Proprio questo aveva determinato però il carattere popolare e di passaggio commerciale dell'area, con la vicina fortezza della Cittadella costruita nel 1532 da papa Clemente VII a scopo difensivo, che pur non avendo l'importanza strategica ed economica del rione Guasco su cui insistevano il Duomo di San Ciriaco e i più importanti palazzi nobiliari e luoghi di culto, vantava comunque un tessuto sociale vivace e coeso.
    A testimoniarlo assieme all'autore, la cui famiglia vi si stabilì da Venezia nel 1759, c'erano all'incontro il direttore del Museo Archeologico Diego Voltolini, quello dell'Archivio di Stato di Ancona Carlo Giacomini e la storica dell'arte Annalisa Trasatti. A partire dal fortunoso ritrovamento nel 1927 in via Cialdini, quando si decise di sventrare il quartiere per costruire corso Stamira, di 42 monete d'oro d'epoca tardo medievale finite poi in un museo a Zara, quando era ancora italiana e si presume confluite poi a Venezia senza che ancora si sia riusciti a scoprire la loro ubicazione espositiva.
    L'importanza dell'area è attestata inoltre da una stele ellenistica (II sec. a.C) trovata dove è adesso l'Istituto Tecnico Benincasa e dal rinvenimento in via Barilari di altre monete d'epoca greca e romana, assieme alla presenza di una zecca settecentesca per battere moneta (nell'attuale via XXIX Settembre). Sede del ghetto ebraico oltre che di un postribolo, poi delocalizzato dai papi, il quartiere ha ospitato ed ospita le chiese di tre confessioni: la sinagoga e la chiesa cattolica di San Giovanni Battista entrambe in via Astagno, e la chiesa ortodossa di San Dasio in via Podesti, assieme ai palazzi nobiliari dei Nappi, dei Malacari e dei Barilari, e all'ex chiesa dei francescani San Francesco ad Alto, che la tradizione vuole fondata dal santo.
    A Capo di Monte sono inoltre nati il pittore Francesco Podesti, in una cassetta nell'omonima via che la comunità vorrebbe recuperare, il fondatore del Corriere della Sera Luigi Albertini e l'attrice Virna Lisi. Oggi il popoloso quartiere di cui Fedecostante ha ricostruito sette secoli di vita (dal 1200 al 1984) spulciando tra gli altri negli archivi degli Uffizi, della Biblioteca Apostolica Vaticana e della Planettiana di Jesi, vanta un crescente interesse turistico-culturale che il libro vuol contribuire a diffondere.
   

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