(di Mauretta Capuano)
Sono stati scoperti dagli scrittori
Rita Monaldi e Francesco Sorti nuovi documenti su Dante
Alighieri e il figlio Jacopo che "sono in grado di cambiare non
solo la biografia di Dante, ma anche l'interpretazione
complessiva della Divina Commedia" dicono all'ANSA gli autori
del ritrovamento nella giornata del Dantedì.
Si tratta di quattro pergamene custodite a Roma e nelle
Marche. "I collegamenti di Dante e del figlio Jacopo con
l'ambiente di Fiastra e dei Sibillini confermerebbero la recente
interpretazione della Divina Commedia fornita da due notissimi
dantisti delle università di Oxford e Cambridge, Simon Gilson e
Zygmunt Baranski: il poeta sarebbe stato fortemente influenzato
dal misticismo tipico della religiosità cistercense, assai più
che dal razionalismo di San Tommaso e Aristotele, come invece da
sempre si tende a ritenere" spiegano Monaldi&Sorti.
"Non bisogna dimenticare che nei versi finali del Paradiso,
ad accompagnare Dante davanti alla visione divina non è più
Beatrice, ma il fondatore dei Cistercensi, san Bernardo di
Chiaravalle. Che fondò anche il monastero di Fiastra" dicono i
due autori di romanzi storici pubblicati in Italia da Solferino.
Monaldi&Sorti ricordano anche che "alcuni importanti testi
medievali evocati da Dante nella Divina Commedia, come ad
esempio le opere a carattere apocalittico di Gioacchino da
Fiore, erano sicuramente presenti nell'abbazia di Fiastra, e
quindi è verosimile che Dante le abbia consultate proprio
durante la permanenza sui monti Sibillini".
Già nel terzo recente volume della loro trilogia dantesca,
'Dante di Shakespeare III. Come è duro calle' (Solferino),
Monaldi e Sorti avevano illustrato la loro riscoperta nelle
Marche, nell'Archivio di Stato di Fermo, di due pergamene del
1306 e 1325 che citano il nome del figlio del poeta, Jacopo
Alighieri, in qualità di procuratore del comune di Fermo. Questi
due documenti riguardano accordi politici tra alcuni comuni
marchigiani, tra cui Fermo.
Come scrivono gli autori nel libro "si era creduto in
precedenza ad una possibile omonimia, mentre invece ad un più
attento esame (grazie alla moderna digitalizzazione di archivi
e biblioteche) i personaggi in compagnia di Jacopo Alighieri
fanno parte della stessa cerchia di marchigiani cui era legato
Dante, durante la sua attività politica, subito prima
dell'esilio da Firenze". A Firenze infatti "erano attivi al
tempo di Dante numerosi marchigiani di Fermo, che sedevano nel
Consiglio dei Cento, un'assemblea politica cittadina a cui
partecipava anche il poeta. Anche a Fermo d'altronde, negli anni
di Dante, era presente sia una forte colonia di esuli
fiorentini, sia la famiglia Elisei, parenti dell'autore della
Divina Commedia".
Monaldi&Sorti hanno adesso ritrovato altri documenti
danteschi che si vanno ad aggiungere ai due di Fermo. Il primo è
una terza pergamena, conservata a San Ginesio, in provincia di
Macerata, che conferma i legami diretti tra i contatti
marchigiani di Jacopo Alighieri e quelli fiorentini del padre.
Inoltre, negli ultimi giorni i due autori (che hanno all'attivo
13 libri tradotti in 26 lingue e 60 paesi) hanno ritrovato una
quarta pergamena nell'Archivio di Stato di Roma. Si tratta di
una delle cosiddette Carte Fiastrensi: circa tremila pergamene
dall'anno Mille in poi, provenienti dall'abbazia cistercense di
Fiastra, nel maceratese, a poca distanza sia da Fermo che da San
Ginesio. Nel documento (un contratto immobiliare) è presente tra
le parti un certo Gentile di Amoroso, che secondo i documenti
del 1306 ricevette Jacopo, il figlio del poeta, a casa propria.
Monaldi&Sorti sottolineano che "tutti questi ritrovamenti
confermano e completano le ricerche storiche dell'italianista
marchigiano Febo Allevi, scomparso nel 1998, autore della voce
enciclopedica relativa alle Marche nella Enciclopedia Dantesca
delle Treccani. Allevi riteneva che Dante abbia trascorso un
periodo di permanenza nella regione adriatica e precisamente
nella zona dei monti Sibillini, dove sorgeva la grande abbazia
cistercense di Fiastra".
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