Un Don Giovanni malinconico e
contemporaneo, che seduce spinto da una coazione a ripetere le
sue conquiste per restare fedele a un personaggio in cui forse
non crede neppure lui, ma che recita per riempire il suo vuoto
interiore. È quello portato in scena il 31 ottobre, in veste di
protagonista e regista, da Arturo Cirillo al Teatro delle Muse
di Ancona, in una nuova produzione di Marche Teatro assieme al
Teatro di Napoli (che ha ospitato la prima al Mercadante il 15
ottobre), Teatro Nazionale di Genova ed Emilia Romagna Teatro.
Un eroe antieroe, che pesca nel mito del personaggio, a
partire da Molière e Da Ponte, librettista dell'omonima opera di
Mozart di cui si citano le musiche sia arrangiate che in forma
di 'recitar cantando'. Cirillo non gli concede però la statura
del grande peccatore che, rifiutando di pentirsi fino alla fine
delle sue malefatte, viene avvolto dalle fiamme dell'inferno, ma
che semplicemente si spegne accasciandosi discretamente sul
tavolo della cena che ha voluto condividere con amici e nemici
avendo terminato il suo ruolo.
Accolto da lunghi applausi e da diverse chiamate in scena, lo
spettacolo è stato però anche un viaggio nel teatro che, a
partire dal mito di Don Giovanni, ha intrecciato non solo
diversi linguaggi ma anche, direttamente o indirettamente,
diversi autori in un personalissimo excursus autobiografico di
Cirillo talvolta spiazzante dal punto di vista drammaturgico, ma
leggibile e coinvolgente se non lo si incanala in uno schema
prestabilito. Un viaggio in cui incontra non solo la figura del
padre (Don Luigi presente in Molière), ma forse anche quella di
Totò, nell'esilarante colloquio del protagonista col creditore
signor Quaresima, e la filosofia di Pirandello.
L'ambientazione è quella di una villa palladiana, ispirata al
film Don Giovanni di Joseph Losey (1979), di cui si scorge in
alto il giardino ornato da statue neoclassiche. Da qui scendono
e salgono i personaggi, anche con scale semoventi, per animare
al di sotto una scena essenziale ma efficace, realizzata da
Dario Gessati e arricchita dai sontuosi costumi settecenteschi
di Gianluca Falaschi. Un'atmosfera cupa, lunare, realizzata con
l'ausilio delle luci di Paolo Manti, dove anche gli abiti degli
interpreti sono quasi tutti neri, in cui tra dramma e ironia Don
Giovanni spiega con lucida pervicacia le sue ragioni consapevole
che lo condurranno alla morte.
Tutti bravi e applauditi gli attori a partire dal
protagonista e da Giacomo Vigentini, uno Sganarello molto
apprezzato, assieme a Giulia Trippetta, Irene Ciani, Francesco
Petruzzelli e Rosario Giglio. Gli adattamenti musicali sono di
Mario Autore. Lo spettacolo ha inaugurato la stagione di Marche
Teatro nel cartellone realizzato dalla precedente direzione di
Velia Papa e ha offerto al nuovo direttore Giuseppe Dipasquale
l'occasione per presentarsi al pubblico sottolineando
l'importanza del teatro come momento di condivisione e
d'incontro di tutta la comunità.
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