"Chiave di volta" nell'intricato
caso della morte di Liliana Resinovich, la donna di 63 anni
scomparsa il 14 dicembre 2021 e trovata morta il 5 gennaio
successivo, potrebbe essere "anche una intercettazione
ambientale, nell'auto di Visintin", dove l'uomo era con un'altra
persona, nel marzo 2022, e sull'utilizzo di un cordino. A
sostenerlo è Nicodemo Gentile, legale di Sergio Resinovich,
fratello di Liliana. Il cordino sarebbe quello che Liliana aveva
stretto intorno al collo per tener fermi i due sacchetti in cui
aveva la testa.
L'intercettazione ambientale fu fatta pochi giorni dopo che a
Sebastiano Visintin era stato chiesto di sottoporsi al prelievo
del dna e il colloquio registrato "verte sulla circostanza del
presunto ritrovamento del cordino da parte del coniuge in un
cassetto della sua cucina". Secondo il legale dal "dialogo si
evince che la persona indicata da Visintin come presente al
ritrovamento dello spago in realtà non era con lui" e inoltre si
denoterebbe che "gli interlocutori cercano di calibrare le
parole giuste da consegnare sul punto agli inquirenti". Tutti
elementi questi che per il legale sono di "centrale importanza
investigativa".
Nel merito, Gentile annuncia l'intenzione di chiedere
nuovamente - finora senza esito - che le autorità giudiziarie
acquisiscano la conversazione. Un passo che sarà fatto nella
convinzione che "il cordino è fondamentale in questa vicenda
soprattutto alla luce delle ulteriori lesioni individuate dalla
consulenza Cattaneo, poiché elemento ritrovato intorno al collo
della vittima, ed utilizzato, secondo noi, da qualcuno per
imbastire la messinscena del suicidio".
In altre parole, il marito della vittima avrebbe "consegnato
agli inquirenti una ricostruzione smentita dall'intercettazione
in parola e ritenuta traballante dagli stessi investigatori".
Questi, infatti, in sede di richiesta di archiviazione
"definiscono le dichiarazioni dell'uomo, in tema, 'scarsamente
attendibili'".
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