(di Francesco De Filippo)
ANDREA APPETITO, I FIGLI DELLA
NOTTE (Lamantica edizioni; pp. 260, euro 20)
Ai bordi, molto lontano da una società distopica e delirante,
con bande di assassini che imperversano nelle periferie della
città e una natura inquinata e tossica, vive seminascosta una
minuscola comunità di bambini e ragazzi che miracolosamente si è
messa in salvo dal tritacarne consumistico e folle della città.
"I Figli della Notte" di Andrea Appetito è un libro metafora dei
giorni nostri, ricco di simbolismi e riferimenti alle affollate
e violente megalopoli, e alla perdita di valori.
A molti giorni di cammino dalla città e dal Grande Acquario
che vi si trova al centro, ci sono dune incontaminate e mare
pulito dove vive la piccola comunità. Tutti i componenti si
relazionano tra loro come se fossero fratelli e sorelle, non per
consanguineità ma per scelte di vita. Il gruppo vive in un luogo
lontano dallo spaventoso inquinamento prodotto dalla metropoli,
anche se poco lontano finiscono per arrivare, portati dalla
corrente del vicino fiume o dallo stesso mare, oggetti,
plastiche, rifiuti di ogni sorta che gli adolescenti riciclano
per rendere meno dura la vita quotidiana, priva di ogni comfort.
In questa semplicità esistenziale, i fuggitivi ritrovano
sentimenti autentici, riescono nel miracolo di restituire un
senso alla vita. Con, perfino, un grande e quasi irraggiungibile
obiettivo, che sembra più un fine o un destino: arrembare una
gigantesca e invincibile nave attrezzata a carcere ancorata
proprio davanti, poco lontano. Accomuna tutti questa sorta di
guerra - più ideale che concreta per disparità di mezzi - che la
leader della comunità porta avanti tra ciclici tentativi,
convinta che nella nave sia rinchiuso suo padre, che non ha mai
visto. Una convinzione che sembra più maturata nella giovane per
dare un senso alla vita che non perché fondata su plausibili
ragioni.
Qualunque cosa rappresenti la nave - il libro è ricco di
simbolismi - essa stessa è un gigante dai piedi di argilla: il
comandante fa uso di propanololo per cancellare ogni ricordo, e
infine lui e tutto l'equipaggio di carcerieri vengono
dimenticati e abbandonati dalle autorità, in una soluzione senza
speranza.
Ma qualcosa, e non solo lo spirito dei "Figli della Notte"
resterà, ad ammonimento di una specie - quella umana - che
precipita verso l'autodistruzione. Qualcosa che ricorda "Il
signore delle mosche" di William Golding e "Fahrenheit 451" di
Ray Bradbury.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA