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Libro del giorno

Z-La guerra dei narcos

Di Diego Enrique Osorno

di Mauretta Capuano

Il nuovo e più violento gruppo del narcotraffico in America Latina, gli Zetas. Il giovane reporter messicano Diego Enrique Osorno segue le loro tracce negli stati del Taumalipas e del Nuevo Leon, nel nord est del Messico, nel suo nuovo libro 'Z - La guerra dei narcos', pubblicato in Italia da La Nuova Frontiera nella traduzione di Francesca Bianchi, molto apprezzato da Roberto Saviano che ha consigliato di leggerlo.

"Saviano è stato il primo lettore italiano del mio libro. A due settimane dall'uscita mi ha scritto per dirmi che gli era piaciuto e da quel momento abbiamo cominciato a scambiarci messaggi su quello che succede in Italia, negli Stati Uniti e in Messico" dice all'ANSA Osorno.

A sua volta lettore di Saviano, Osorno, 33 anni, racconta: "Gomorra mi è piaciuto. E' un libro ben scritto, che rispecchia come si sta trasformando la mafia e ha segnato una nuova strada narrativa". "Il Padrino, Al Capone, Pablo Escobar sono morti. La mafia - dice - è diventata una multinazionale e il libro di Saviano parla di tutto questo molto bene. E' un grande errore credere sia qualcosa di locale. Prima gli stati controllavano l'economia dei paesi. Ora non è più così".

Nella sua Gomorra messicana Osorno descrive, con la struttura di un libro di viaggio, il modo in cui è cambiata la realtà economica, politica e sociale dei paesi del nord est del Messico. "In Messico si conosce la violenza che c'è in città come Tijuana o Ciudad Juarez, ma non si sa cosa succede nella regione del Tamaulipas dove c'è un livello altissimo di omicidi" spiega Osorno che è nato a Monterrey, nel Nuovo Leon dove "siamo considerati i texani selvaggi" dice. Niente emoziona gli Zetas "a parte i soldi. Vogliono comprarsi un Hummer perchè l'Hummer piace alle donne. Sono ragazzetti, non sono tutti buoni e non sono tutti cattivi. Parlano in gergo e usano espressioni come asfaltare, che significa "ammazzare qualcuno", o fiorellini, per indicare le ragazze della loro banda" scrive Osorno che apre il viaggio con "Qualche raccomandazione" per il lettore e lo conclude con un breve ritratto dei trentuno Zetas originali, quasi tutti ex componenti dell'esercito. Ma a venir fuori è soprattutto un ritratto sconvolgente di città e paesi abbandonati a se stessi dove il giornalista ha raccolto le testimonianze di chi ha deciso di resistere in un Messico diventato uno dei luoghi più insicuri del mondo, con 13 mila omicidi all'anno. Autore di altri quattro libri sulla violenza e i principali conflitti sociali messicani degli ultimi anni, fra cui un altro reportage sul narcotraffico - a partire da un'intervista a un vecchio capo, socio di Escobar - Osorno, vincitore di numerosi premi, considerato uno dei maggiori talenti del nuovo periodismo latinoamericano, ha avuto molti problemi e minacce per le cose che ha scritto ma, dice, "anche molte soddisfazioni" e spiega di "essere giornalista con molto orgoglio". (ANSA).

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