"2666"
A sei anni dalla morte Roberto Bolano diventa scrittore di culto
di Paolo Petroni
ROMA - Una sceneggiatura, certo, da cui l'omonimo, grande film di Ridley Scott con Michael Fassbender, Penelope Cruz, Cameron Diaz, Brad Pitt, Javier Bardem da oggi sugli schermi italiani, ma che si legge come un testo teatrale, aiutati dalle lunghe, particolareggiate didascalie e descrizioni di ambienti e situazioni e coinvolti da dialoghi incisivi, fulminanti, rivelatori.
Un testo molto ben scritto da cui nasce un film d'azione, intenso, ma anche di riflessione, visto che il suo tema è la morte, sia come fatto in sé, sia come destino, e il gioco di autodistruzione per avidità degli uomini come la racconta da sempre Cormac McCarthy con la sua poetica senza salvezza, di un nichilismo cui solo l'accettazione di sé, dei limiti dell'uomo e delle sue debolezze, può essere rimedio. Il problema è che spesso a questo si arriva troppo tardi, come accade al procuratore, che non ha nome, perché è un personaggio esemplare, tragico nel suo percorso verso un destino ineluttabile. In certi giri infatti si riesce a entrare, ma non è poi che ti permettano di uscirne e quando capisci di essere nei guai non hai più scelte. La scelta l'hai fatta iniziando il gioco, le altre sono solo conseguenze dei vari scenari che via via si presentano, come spiega al protagonista un collega avvocato dei narcos, per fargli capire che non ha vie d'uscita e che sarà solo il dolore a modificare la scala dei valori.
The counselor pensa di poter tentare, per ambizione e sfida, per una volta il colpo della propria vita che vuole tenere a un livello più alto di quel che potrebbe e così entra in affari, partecipando al trasferimento a Chicago di un gigantesco carico di droga, grazie a due conoscenti. Ma qualcosa andrà male, perché insospettata ci mette lo zampino una donna per loro letteralmente fatale, Malkina. ''Le donne ne escono meglio'' dalle storie, forse ''perché sono più allenate'', ma sicuramente anche perché alcune sanno usare il sesso come strumento di potere, seducono senza restare sedotte. E' lei a far notare che ''l'avidità ti spinge sempre al limite'' al suo Rainer che replica: ''L'avidità non ti spinge. L'avidità è il limite'' e se lo si sorpassa, come quasi tutti i personaggi di questa vicenda, non si ha più alcun controllo su se stessi, sulla propria vita.
E ''il massacro che verrà supererà la nostra immaginazione'', come ben sa sempre Malkina.
I due amici del procuratore, in una lunga attesa e tentativi di fuga ricchi di suspense sino alla conclusione di cui sono in fondo coscienti sin dall'inizio, almeno al fondo di se stessi, pagheranno con la vita, mentre lui avrà una punizione ben peggiore, che lo annienterà colpendolo con inaudita ferocia in ciò che ha di più caro, l'amatissima moglie Laura.
McCarthy parla di High desert e Deserto del sudovest, siamo nei dintorni e in quella città estrema che è Citad Juarez, dove la vita non conta nulla e in cui sono state uccise in un anno tremila persone, come ce l'ha raccontata anche Don Winslow, e i cui feroci femminicidi sono uno dei temi di '2666' di Roberto Bolano, oltre che un preciso riferimento in una scena di questo testo. Siamo quindi anche su un confine, un limite, altamente simbolico e metaforico, quello tra il ricco occidente Usa e il Messico dei disperati: la morte e il degrado di tutto è dietro l'angolo delle nostre vite quotidiane, è al di là di una linea tutta virtuale, mentre facciamo finta di non rendercene conto. I protagonisti vivono nel lusso più sfrenato e appariscente contornati dal nulla, dal deserto, dal mondo dove anche la sopravvivenza è un problema.
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