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A sei anni dalla morte Roberto Bolano diventa scrittore di culto
di Claudia Fascia
ROMA - Di Gigi Meroni - Luigi all'anagrafe, Luigino per la sua Como - si sa molto, tanto. Abbiamo imparato a conoscere attraverso l'immagine patinata che ci hanno rimandato di lui articoli di giornali, canzoni e anche una fiction: il suo genio calcistico, la sua voglia di anticonformismo con quei capelli lunghi, troppo lunghi per la sua epoca, il suo amore tormentato per la giovane donna già sposata, la morte arrivata troppo presto e troppo inaspettata su una strada di Torino, investito da un'auto mentre attraversava in corso Re Umberto a poche decine di metri da casa sua. Quello che non conoscevamo è il lato privato di Meroni, morto a soli 24 anni nel 1967, quello raccontato dalla sorella e dagli amici e raccolto nel libro di Pierluigi Comerio, arricchito dalla prefazione di Gianni Mura. Tante le foto a corredo di una storia unica e forse irripetibile: Meroni all'età di 12 anni, insieme a sua sorella Maria, Meroni al mare con il fratello Celestino nell'estate del 1948, tutta la famiglia immortalata nel 1952. Poi la pagella scolastica della prima elementare, il quaderno dove spicca un 10 per un dettato senza errori e il primo passaporto datato 1958.
C'è anche il telegramma con la convocazione da parte dell'Inter per un provino nel giugno 1959, quando Meroni aveva 16 anni. E infine, arrivano, rubate a una memoria senza tempo, le immagini in bianco e nero sui campi da gioco. Dai campetti dell'oratorio di San Bartolomeo, a quelli del Como, poi il Genoa, dove meno di 2 anni, 42 presenze e 7 gol lo resero indimenticabile, e quindi il Torino, ultimo capitolo della sua vita. Ci fu spazio anche per la Nazionale nei suoi ventiquattro anni. "Il mio Meroni, fortunatamente, non è solo calcio - ricorda Sandro Mazzola, in uno dei capitoli del libro -. Non è solo scarpette bullonate o l'odore di canfora nello spogliatoio: significa, insomma, che di Gigi sono stato soprattutto amico, prima che collega e compagno di Nazionale. Ho ricordi che riguardano il campo, ma anche, e sono più teneri, che fanno parte della sfera privata. Tra noi, non lo nascondo, c'è sempre stato feeling. Lo dicono i momenti passati insieme e le tappe sportive che abbiamo vissuto uno accanto all'altro". I ricordi, di Mazzola, come degli ex compagni di gioco dell'oratorio, della sorella, degli amici o di chi lo incrociò soltanto, scorrono via. Uno dopo l'altro per restituirci l'immagine di un uomo generoso, sensibile, estroverso. Ma soprattutto molto amato.
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