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I libri e il mondo dell'Adele di Rea

Il sorriso di Don Giovanni

di Ermanno Rea

di Paolo Petroni

Adele, la protagonista, appassionata e accanita lettrice, io narrante dell'ultimo, sorprendente e fascinoso, sorridente romanzo molto letterario di Ermanno Rea, crede che i libri siano la migliore macchina creatrice di realtà virtuale, ma assieme, e qui è il senso vero del racconto, non dimentica mai il contesto in cui li legge, il mondo che ha attorno. E' proprio infatti nella relazione con questo che divengono utili, acquistano un senso, trasformano il virtuale, la letteratura in qualcosa di reale all'interno, nell'animo del lettore, placandolo.

Quindi, per Adele, ''a che servono i romanzi se non a spogliarti del tuo piccolo ego per farti assumere il peso di ciò che non ti appartiene, ma che, a furia di leggere, si fa carne della tua carne'', per cui ''saranno i romanzi a salvare il mondo dalla dissoluzione'' , visto che lei confessa di non sapersi tenere alla larga dalla realtà, ''ciò che accade attorno a me, accade dentro di me''.

E così, forte di queste sensazioni e convinzioni, attraversa la storia dagli anni '60 ai nostri giorni, misurandosi con le tragedie degli anni di piombo, con i mutamenti di valori e sogni, e finisce per impegnarsi tra la gente, a Napoli, dove si fa ''maestra di strada'' sull'esempio di Marco Rossi-Doria. Questo grazie sempre a una lettura: '''dentro di me si era insinuata un'altra donna'' la Leonor de "Il resto di niente" di Enzo Striano, storia di un pugno di patrioti che, a fine '700, sognano di trasformare Napoli.

Si passa, insomma, grazie alla spinta di nonna Serafina, dalla nascita e i sogni d'adolescente sui classici e i moderni trovati nella Intelligent room del libraio Arturo, l'unico della piccola cittadina campana in cui Adele cresce, al misurarsi col mondo, creandosi gli strumenti via via o trovandoli nei ricordi di letture passate. Così il romanzo è un intrecciarsi di altre storie, un citare altri autori e romanzi, come ''e noi continuiamo a remare, barche controcorrente, risospinti senza posa nel passato'' (dal finale del ''grande Gatsby'') che le trascrive il suo fidanzatino Fausto, con cui ha una storia tenera, ora appassionata, ora perplessa.

Una storia lunga, dai 14 ai 22 anni, con momenti di gelosia, come quando Fausto parla di libri (''del nostro battibecco intimo'') con un'altra ragazza, Maddalena, una sera a cena. Così che Adele gli annuncia la fine della loro storia e lui la accetta, ma pretende che sia allora definitiva, spiazzandola e lasciandola poi a rimuginare su se stessa, quando scoprirà un giorno che lui si è sposato. Bello comunque l'incontro che ci sarà molti anni dopo, momento di passione e nostalgia. Adele a tutti i suoi traumi ha sempre reagito chiedendo aiuto ai libri: ''Il romanzo ha in più che quando è teso come un fil di ferro, quando scava dentro di te depositandovi nuova conoscenza, quando insomma ti sorprende mostrandoti una nuova faccia del mondo che non conoscevi, allora si fa moltiplicatore di saggezza''.

Quindi, senza più l'uomo della sua vita, sola, delusa dai tentativi di impegnarsi e educare il popolo, a 29 anni torna alla sua cittadina natale e pian piano trasforma la casa che era di nonna Serafina in un suo rifugio ma anche in una sorta di pubblica biblioteca. In questa la notte vive di voci, di fantasmi che le parlano: ''riconosco quasi sempre chi sia'' si tratti di grandi personaggi della letteratura o di minori, di Don Giovanni o di madame Chauchat, che fa perdere la testa al giovane Castrop in un santorio di Davos. E' allora che rivolge loro il suo estremo appello, invitandoli a reagire al mondo che vorrebbe cancellarli, a impedire che il mondo continui a andare in rovina. Perché, appunto, questo di Rea è un romanzo-atto di fede nella letteratura, nella forza della lettura, sul senso insostituibile, checché se ne dica, dei libri. 

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