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La copertina del volume 'Ci rivediamo lassu'' di Pierre Lemaitre

'Ci rivediamo lassu''

di Pierre Lemaitre

(di Mauretta Capuano)

ROMA - Nessun cambio di passo dal noir al picaresco. Pierre Lemaitre, tra i grandi nomi del poliziesco in Francia, vincitore del Premio Goncourt 2013 con "Ci rivediamo lassù" (Mondadori), storia di due reduci della prima guerra mondiale, ha lo sguardo concentrato sull'ingiustizia sociale anche quando si misura con questioni storiche e ha intenzione di continuare a farlo. "'Ci rivediamo lassù' l'ho scritto con lo stesso spirito, la stessa lingua e know how degli altri miei libri. Ci vedo sostanzialmente una continuità anche se non è un noir" dice all'ANSA lo scrittore, a Roma per la quinta edizione del Festival de la Fiction Francaise.

Nel raccontare la storia dell'insicuro impiegato Albert, che alla fine della prima guerra mondiale rimane senza nulla, e dell'eccentrico Edouard, un ragazzo ricco con doti artistiche che anche lui si ritrova, dopo il conflitto, a fare una vita grama, Lemaitre ha lavorato "più sull'illusione romanzesca che sulla verità dettagliata. Mi sono documentato - spiega - ma non con quell'attenzione al particolare dello storico. Sono uno scrittore, non un sociologo e neppure un filosofo. Se avessi una soluzione mi candiderei alle elezioni presidenziali". Storia di un'amicizia speciale e fotografia della società francese all'uscita della prima guerra mondiale 'Ci rivediamo lassù' non lascia spazio all'eroismo e mostra le illusioni e le sconfitte di ieri e di oggi. "Si può fare una cosa da romanziere noir rappresentando la storia senza fare concessioni al proprio paese, con tutte le sue sconfitte, vigliaccherie e la mancanza di eroismo. Sul mio palcoscenico si muovono persone normali, comuni che per carità potrebbero sì, anche diventare eroi. Credo ai riflessi pronti, al sangue freddo e alla fortuna" afferma lo scrittore. Ma nel centenario della prima guerra mondiale, che cosa è successo a questa Europa? E' più umana, più sociale? "Siamo di fronte ad un'altra sconfitta - dice Lemaitre - dell'Europa unita in cui avevano riposto speranze. Il Consiglio d'Europa ha deciso di non fare celebrazioni unitarie per i cento anni dal primo conflitto mondiale e questo è un ulteriore scacco. Si è voluta l'unione europea sul terreno dell'economia, mentre bisognava lavorare prima sull'unione culturale. E lo dico come cittadino più che come scrittore". L'ingiustizia sociale, ammette Lemaitre che ha insegnato per molti anni letteratura, ha esordito superati i cinquant'anni come scrittore ed è anche sceneggiatore, "è centrale in tutto quello che ho scritto finora e benché non serva a cambiare granché, continuo a fare quello che ritengo utile. Uno scrittore deve provocare domande, non dare risposte". Lui si sente erede della scuola letteraria di Victor Hugo e Dumas, ma quello che "più mi interessa - afferma - non è la lotta di classe, l'opposizione tra i ricchi e i poveri, ma cercare di scavare in quei sistemi sociali in avaria, incapaci di far posto a chi lo merita". Come accade nel noir "Lavoro a mano armata" (Fazi) che racconta la disperazione di un manager cinquantenne che si ritrova disoccupato senior. In "Ci rivediamo lassù' attraverso Edouard, Albert e il tenente Pradelle, mostra anche come "le grandi catastrofi di ogni tipo, dalle guerre alle inondazioni provochino degli incontri inattesi e commistioni sociali. Albert ed Edouard non si sarebbero mai incontrati nella vita ordinaria" dice. Si ritrova nel libro anche la scrittura visiva di Lemaitre. "Si potrebbe dire che io sia un fabbricatore di romanzi cinematografici. Anche questo libro sarebbe un bel film, ma difficile e costoso da realizzare. E' vero, riesco a scrivere una scena quando la vedo. Io non scrivo per il cinema, ma grazie al cinema. E la scrittura mi dà gioia. L'insegnante, il romanziere e l'uomo sono la stessa persona nel mio caso". Dopo la prima guerra mondiale, raccontata vedendola dal dopoguerra, Lemaitre vuole continuare il suo lavoro sulla storia attraverso le pieghe meno conosciute con il racconto della "seconda guerra mondiale dal momento in cui si verifica il grande esodo in Francia da nord a sud".

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