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A sei anni dalla morte Roberto Bolano diventa scrittore di culto
di Alessandra Magliaro
Certe mattine, specie in primavera, agli italiani trasferiti a Londra prende un groppo allo stomaco. Forse non dissimile da quello di tutti migranti di ogni cielo quando il pensiero ritorna verso la strada di casa. Pensi al barista con cappuccino e brioche, guardi le rondini, pensi alle prime fughe al mare... poi però sei a Londra e ti convinci che sei lì perchè vuoi vivere in un paese dove si rispettano le regole, dove i politici si dimettono, dove non si invidiano i furbi e non si deridono i fessi. E' quello che racconta Caterina Soffici in Italia Yes Italia No, 140 pagine in cui capisci perchè vuoi vivere fuori e sognare l'Italia, rimpiangerla pure ma volerla diversa da quella da cui sei sostanzialmente fuggito. Nel libro di questa giornalista e scrittrice, autrice del best seller contro il maschilismo italiano Ma le donne no, trasferitasi figli, marito e bagagli a Londra c'è la fotografia, luci e ombre, di una delle mete da sempre preferite dagli italiani che vanno via dal paese.
Una comunità, gli italiani a Londra, enorme, 90 mila registrati ufficialmente negli ultimi due anni, in realtà più di 250 mila. Riempiamo lì una media città italiana, picco di un esodo invisibile di nuovi migranti, non con la valigia di cartone, non solo super mega manager ma famiglie intere, come quelle della Soffici e se non puoi/vuoi spostarti con tutti i parenti cominci a far partire un figlio, per studiare e poi per lavorare, poi si vedrà. La crisi c'entra ma non basta, scrive la Soffici, Berlusconi c'entrava ma non basta più. Si va via dall'Italia che è un paese tutto sommato ricco ma, adrenalina da Renzi a parte, in cui non si vede il futuro. Un esodo silenzioso che conta circa 4 milioni e mezzo di italiani registrati come residenti all'estero, oltre 6 milioni nella realtà. Ogni paese dove si migra è diverso, ma il perchè ci si trasferisca è abbastanza uguale per tutti e si chiama speranza di un futuro migliore. Caterina Soffici racconta, con una penna ironica, perchè a Londra si vive peggio che in Italia ma si sta meglio: ''perchè ho trovato la banalità della normalità'', convinta che ''se solo la bilancia tornasse a pendere per il verso giusto, in tanti torneremmo subito. Ma bisogna far presto, altrimenti i nostri figli avranno voglia di tornare?''.
Il ritratto è da antropologia urbana, cose belle altre meno. Un aspetto buono è l'organizzazione e la rete: neanche il tempo di arrivare dall'Italia e magicamente, per chi viene dal nostro paese, la burocrazia è a portata di clic. Uno meno buono riguarda la scuola: la Soffici non ha molti dubbi, critichiamola quanto vogliamo ma in Italia è per tutti, in Inghilterra a fronte di scuole pubbliche fatiscenti tranne rari casi, solo chi ha i soldi accede alle private oppure va nelle scuole cattoliche dove per fare il test di ammissione devi pure esibire, e senza barare, il certificato di frequenza alla messa firmato dal parroco dopo averti visto assiduo ogni domenica. Un'altra buonissima riguarda le diversità politiche, sociali, economiche: ci sono tutte, non siamo in Paradiso, ma se infrangi le regole della convivenza non sei un figo impunito ma uno scorretto incivile. Sulla politica è un baratro di differenze, alcune molto note: un rapporto vergognoso (per noi) su stipendi, auto blu e privilegi vari dei parlamentari. Così si torna all'Italia, da dove si è partiti, un paese che non si smette di amare ma per il quale sogniamo un'altra storia.
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